Circa i depositi in caldaia è bene distinguere tra depositi aderenti alle pareti (incrostazioni) e depositi incoerenti che si raccolgono di solito nelle zone di fondo a circolazione ridotta (fanghi o melme).
Mentre la presenza dei fanghi ostacola la trasmissione del calore, rallenta ancora di più la circolazione dell’acqua nelle zone interessate e provoca ebollizione tumultuosa e schiumeggiamento nel generatore, le incrostazioni sulle superfici riscaldate causano fastidi gravi (addirittura intollerabili nei generatori ad alta pressione), che si possono così riassumere:
- abbassamento dell’efficienza termica della caldaia e quindi aumento del consumo di combustibile;
- deterioramento del materiale di costruzione del generatore a causa del surriscaldamento delle superfici non raffreddate adeguatamente dall’acqua;
- insufficiente circolazione dei fluidi, quale conseguenza di intasamenti e strozzature (particolarmente nelle caldaie a tubi d’acqua);
- maggior costo di manutenzione per i più frequenti lavori di pulitura e per la sostituzione delle parti deteriorate.
Il fattore che per primo si prende in considerazione per giudicare la pericolosità di una incrostazione è il suo coefficiente di conduttività termica, poiché esso determina in larghissima misura la velocità di trasmissione del calore dai prodotti della combustione all’acqua attraverso la parete metallica incrostata.
La conduttività termica di una incrostazione dipende dal suo stato fisico, ed in particolare dalla densità: un materiale denso e compatto è meno nocivo di un materiale poroso.
Ovviamente l’effetto di un’incrostazione è legato anche al suo spessore.
È stato calcolato che la presenza di una incrostazione calcarea porosa dello spessore di 1,5-2 mm riduce il rendimento del generatore del 10-15%.
Con l’aumentare dello spessore dell’incrostazione aumenta anche il grado di surriscaldamento della lamiera, che sollecitata dalla pressione interna può deformarsi.
Non di rado si notano sui tubi di caldaia incrostati dei rigonfiamenti locali (“bugnature”) prodotte dai cosiddetti “colpi di calore”.
In corrispondenza delle bugnature l’incrostazione, che ha un coefficiente di dilatazione diverso da quello del metallo, può facilmente fessurarsi o staccarsi, per cui l’acqua, venendo improvvisamente a contatto con la lamiera surriscaldata, vaporizza istantaneamente causando un rapido aumento locale di pressione, che può perfino essere accompagnato da scoppio.
Come conseguenza finale della presenza di incrostazioni si ha dunque una riduzione della sicurezza d’esercizio.
Natura dei fanghi e delle incrostazioni
Raramente un deposito è formato da un unico individuo chimico. Data la grande varietà di sostanze presenti in caldaia (ivi compresi i prodotti della corrosione), i fanghi e le incrostazioni sono sempre costituiti da miscele di parecchi materiali, anche se spesso uno dei componenti è in forte eccesso rispetto agli altri.
Talvolta in una incrostazione si distinguono strati di minerali diversi, chimicamente o anche solo fisicamente, depositati in tempi successivi. Questo è indice di variazioni intervenute nella composizione dell’acqua di caldaia o nella velocità di evaporazione.
Un’incrostazione già formata può anche alterarsi col tempo per reazione ad alta temperatura col metallo della parete o con sostanze presenti nell’acqua.
Il carbonato di calcio, che precipita per riscaldamento delle acque aventi durezza carbonatica, è il più comune fra tutti i costituenti dei depositi.
A temperature inferiori ai 100°C la composizione dello ione HCO3– è relativamente lenta ed avviene principalmente a contatto con le superfici riscaldate, sulle quali il CaCO3 si deposita formando incrostazioni aderenti e compatte.
Questo caso si verifica nelle apparecchiature di riscaldamento, negli scambiatori di calore, nei circuiti di raffreddamento e negli iniettori di alimentazione delle caldaie.
A temperature superiori a 100°C la precipitazione è più rapida ed il CaCO3 forma sulle pareti ammassi spugnosi di bassa densità e basso coefficiente di conduttività termica.
In presenza di Na2Co3, reattivo largamente usato nel condizionamento dell’acqua in caldaia, il CaCO3 precipita sotto forma incoerente e si raccoglie nei fanghi.
In una caldaia a bassa pressione l’incrostazione calcarea è tollerabile, purchè essa sia del tipo compatto e mantenuta entro spessori ragionevoli. Tale incrostazione viene addirittura considerata utile, in quanto protegge le pareti dalla corrosione. In questo caso sarebbe un errore disincrostare la caldaia e rimetterla in funzione senza adottare opportune misure anticorrosive, almeno per tutto il periodo in cui le pareti restano prove dello strato protettivo.
Il solfato di calcio forma incrostazioni dense e dure, difficili da eliminare, ma aventi conduttività termica relativamente buona.
L’idrossido di magnesio si trova in massima parte tra i costituenti dei fanghi.
Il fosfato basico di calcio precipita quasi completamente nella fanghiglia, ma talvolta forma anche incrostazioni sottilissime.
La silice libera precipita solo quando l’acqua di caldaia è acida, ad esempio per CO2. Essa forma incrostazioni pericolosissime.
I silicati danno incrostazioni altrettanto pericolose per il basso coefficiente di conduttività termica. Le incrostazioni a base di silice e silicati sono inoltre difficili da asportare, sia con mezzi meccanici, a causa della loro durezza ed aderenza, sia con mezzi chimici, in quanto resistono all’azione degli acidi.
É bene ricordare che per una corretta gestione di una caldaia e per la conservazione di tutte le linee di vapore e di condensa, è necessario eseguire regolarmente tutta una serie di controlli e analisi che consentano di verificare, momento per momento, la regolarità di gestione e il valore dei parametri chimici che possano influenzare la conservazione dell’impianto, che possano cioè provocare corrosioni o incrostazioni con riduzione di scambio termico e conseguente deterioramento delle caratteristiche meccaniche delle membrature dei generatori.
La corretta conduzione di una centrale a vapore prevede controlli periodici mensili da eseguire con l’ausilio di un laboratorio qualificato sull’acqua greggia di alimento degli impianti.
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