Fino alla metà del XX secolo, i generatori di vapore industriali utilizzavano principalmente acqua grezza. In quel periodo, il trattamento dell’acqua non era una pratica diffusa e le caldaie sfruttavano spesso acqua di fonte naturale senza alcuna correzione chimica. Questa situazione comportava numerosi problemi a causa delle sostanze solide, liquide e gassose presenti nelle acque naturali.

Tuttora, però, se non si riconosce l’importanza cruciale del trattamento dell’acqua, si può incorrere in inconvenienti dannosi e talvolta irreversibili.

Uno dei problemi principali è la formazione di incrostazioni, causata dalla precipitazione di sali dell’acqua poco solubili come quelli di calcio e magnesio.

La decomposizione termica dei bicarbonati di calcio e magnesio (chiamata durezza temporanea) rilascia anidride carbonica, formando carbonato insolubile. Mentre, i solfati e i cloruri di calcio e magnesio (durezza permanente) precipitano quando la loro concentrazione, dovuta alla produzione di vapore, supera il prodotto di solubilità del sale, raggiungendo la saturazione.

Questo fenomeno risulta particolarmente evidente sulle superfici più calde, dove la solubilità del solfato di calcio diminuisce rapidamente con l’aumentare della temperatura, causando la formazione di cristalli aderenti.

Anche la silice disciolta nell’acqua può provocare incrostazioni, insolubilizzandosi e formando depositi silicei fortemente aderenti. Le incrostazioni, avendo un basso coefficiente di trasmissione termica, causano danni assai gravi come la diminuzione del rendimento termico e spreco di combustibile, oltre a rotture di tubi e piastre che richiedono sostituzioni e fermate della caldaia.

Il fattore che per primo si prende in considerazione per giudicare la pericolosità di una incrostazione è il suo coefficiente di conduttività termica, poiché esso determina in larga misura la velocità di trasmissione del calore dai prodotti della combustione all’acqua attraverso la parete metallica incrostata.

La conduttività termica di una incrostazione dipende dal suo stato fisico, in particolare dalla densità: un materiale denso e compatto è meno nocivo di un materiale poroso.

L’effetto di un’ incrostazione è legato anche al suo spessore. Con l’aumentare del suddetto, aumenta anche il grado di surriscaldamento della lamiera, che sollecitata dalla pressione interna, può deformarsi e provocare rigonfiamenti. In corrispondenza di tali “bugnature”, l’incrostazione può facilmente fessurarsi o staccarsi, per cui l’acqua, venendo improvvisamente a contatto con la lamiera surriscaldata, vaporizza istantaneamente causando un rapido aumento locale di pressione e un eventuale scoppio.

La corrosione rappresenta un altro problema significativo, spesso più insidioso delle incrostazioni. Essa può essere causata da gas disciolti nell’acqua (ossigeno, anidride carbonica, idrogeno solforato), acidità carbonica o minerale, e altri fattori chimici. La corrosione, se non tempestivamente arrestata, porta a danni irreparabili ai componenti, che devono essere sostituiti.

Un caso particolare di corrosione è la fragilità caustica, che si verifica quando un trattamento alcalino dell’acqua causa una forte alcalinità idrata in caldaia. Questa condizione crea concentrazioni di idrato sodico in spazi capillari, provocando crepe nei metalli a causa di cedimenti intercristallini.

I trascinamenti e le ebollizioni rappresentano, mentre, fenomeni complessi dovuti a diverse cause.

Nella produzione del vapore prende il nome di trascinamento il trasporto, col vapore, di una certa quantità di acqua di caldaia e delle relative sostanze in essa disciolta o sospese. Le gocce d’acqua trascinate col vapore depositano i sali contenuti sugli organi con cui vengono a contatto formando incrostazioni molto dannose.

Molte volte è la stessa struttura del generatore di vapore che favorisce il verificarsi del fenomeno (ad es. se la camera di vapore è piccola o se la superficie evaporante è insufficiente). Molta influenza hanno pure condizioni di esercizio inadatte (ad es. pressione diversa da quella prescritta), oppure la presenza nell’acqua di sostanze che agevolano lo “schiumeggiamento” per la loro azione stabilizzante sull’involucro delle bolle di vapore.

La formazione di schiuma in caldaia è favorita dalle seguenti sostanze:

  1. Sali disciolti in concentrazione elevata;
  2. Sostanze organiche provenienti dall’acqua di alimentazione;
  3. Residui di olio minerale portati in caldaia con le acque di condensazione di vapore di scarico da macchine;
  4. Un’elevata alcalinità, specialmente in presenza di olio e di sostanze organiche;
  5. Sostanze solide in sospensione, apportate dall’acqua di alimentazione (es. argilla), o derivanti da ossidi che si staccano dalle pareti durante l’esercizio.

Il trascinamento è da attribuirsi ad una incapacità delle bolle di vapore generate sulla superficie riscaldante, ad unirsi tra di loro (coalescenza) con facilità, come invece accade normalmente quando si vaporizza acqua distillata.

I sali disciolti nel vapore possono formare incrostazioni dannose sulle superfici con cui vengono a contatto, come condotte e turbine. Anche la presenza di sostanze grasse nell’acqua può contribuire ai trascinamenti, rendendoli difficili da controllare.

Un’adeguata gestione del contenuto di silice nell’acqua risulta fondamentale, soprattutto per le caldaie ad alta pressione, per evitare la deposizione di silice sulle pale delle turbine.

Si può ampiamente sostenere che al giorno d’oggi un adeguato trattamento dell’acqua è essenziale per il funzionamento efficiente e sicuro dei generatori di vapore industriali.

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