Negli ultimi anni la diffusione di dispositivi di trattamento di acque destinate al consumo umano in Italia si è fatta sempre più significativa sia per diversità di tecnologie impiegate che per entità di apparecchiature commercializzate.
Con la pubblicazione del D.M. 25/2012, molte sono le cose cambiate nell’universo del trattamento dell’acqua destinata al consumo umano e le conseguenze di questo cambiamento interessano i produttori, i distributori, gli installatori, i manutentori e anche i consumatori, ossia gli utenti finali.
Tali trattamenti non rivestono in alcun caso finalità di “potabilizzazione” delle acque essendo applicati ad acque già idonee al consumo umano.
Si tratta, piuttosto, di dispositivi offerti ai consumatori per perseguire modifiche nelle caratteristiche organolettiche delle acque o “affinamento” delle acque in relazione agli utilizzi domestici.
Ad esempio, nel caso di trattamenti di addolcimento, mirare ad un effetto di protezione delle reti di distribuzione e di elettrodomestici, contro fenomeni di incrostazione calcarea dovuti alla durezza dell’acqua, o ad una migliore efficienza nell’utilizzo delle acque per fini igienici.
L’attenzione che da tempo le Autorità Sanitarie dedicano alle pratiche di trattamento delle acque potabili effettuate a valle dei punti di consegna ha portato all’emanazione del decreto del Ministero della Salute del 7 Febbraio 2012, n. 25, recante “Disposizioni tecniche concernenti apparecchiature finalizzate al trattamento dell’acqua destinata al consumo umano”.
Il decreto, inquadrandosi nel moderno contesto normativo in materia di qualità delle acque destinate al consumo umano (D. Lgs. 31/01), igiene dei prodotti alimentari, Codice del Consumo (D.Lgs 206/2005) e libera circolazione delle merci, ha l’obiettivo di garantire che:
- i trattamenti non pregiudichino la qualità delle acque, già idonee sotto il profilo sanitario,
- le apparecchiature di trattamento garantiscano gli effetti dichiarati nel tempo stabilito,
- l’informazione completa sugli effetti dei trattamenti sia adeguatamente fornita al consumatore.
A differenza del precedente decreto n. 443/90, il D.M. 25/2012 si applica sia all’ambito domestico che alle attività di ristorazione pubblica e collettiva (ristoranti, bar, comunità, mense, hotel, strutture turistico-ricettive ecc.). e all’industria alimentare.
Il D.M. 25/2012 esclude esplicitamente dal campo di applicazione i trattamenti dell’acqua esclusivamente ad uso di impianti tecnologici e/o elettrodomestici che pertanto devono essere installati in reti separate da quelle destinate al trasporto di acqua destinata al consumo umano.
Nella seguente tabella si fornisce una descrizione sintetica dei diversi sistemi di trattamento riconosciuti:
SISTEMI DI TRATTAMENTO
Addolcitori a scambio ionico
Apparecchiature atte a sostituire gli ioni costituenti la durezza dell’acqua con ioni di sodio, allo scopo di diminuire o eliminare la formazione di depositi calcarei consentendo un risparmio energetico e una riduzione nell’impiego di detersivi
Dosatori di reagenti chimici
Apparecchiature utilizzate per l’aggiunta di prodotti, consentiti dalla legislazione, alle acque potabili in quantità proporzionali alla portata dell’acqua, allo scopo di proteggere gli impianti evitando incrostazioni, corrosioni e depositi ovvero per trattamenti di disinfezioni
Apparecchi di separazione a membrana (osmosi inversa, ultrafiltrazione etc.)
Sistemi che operano sulla base del processo chimico-fisico di permeazione attraverso membrane, allo scopo di rigettare ioni, molecole organiche e solidi sospesi di dimensioni sub-microniche, con contemporanea riduzione della salinità
Filtri meccanici
Apparecchiature atte a trattenere mediante barriere di tipo fisico le particelle sospese nell’acqua
Sistemi fisici
Apparecchiature che vengono proposte per impedire e/o ridurre la formazione di incrostazioni mediante l’applicazione all’acqua di campi magnetici statici o di campi elettromagnetici. Rientrano tra i sistemi fisici di trattamento di acque ad uso umano quelli che impiegano lampade UV o altre sorgenti di radiazioni energetiche per abbattere la contaminazione microbica presente nell’acqua
Filtri a carbone attivo
Apparecchiature contenenti carboni di tipo vegetale o minerale, dotati di effetto adsorbente, generalmente proposti come rimedio per eliminare sgradevoli sapori connessi al trattamento dell’acqua con cloro o suoi derivati o come rimedio per eliminare alcuni microinquinanti chimici
Sistemi composti
Apparecchiature che utilizzano combinazioni di più sistemi di trattamento tra i precedenti, eventualmente anche condizionando a particolari temperature l’acqua trattata, ovvero a conservarla per un certo periodo di tempo
Altri dispositivi
Qualsiasi altro sistema non ricompreso tra i precedenti che abbia la capacità di modificare le caratteristiche dell’acqua potabile per migliorarne alcuni parametri sotto il profilo organolettico
Il decreto n.25, in virtù del diritto alla corretta informazione, disciplina che nessuna apparecchiatura può essere propagandata o venduta sotto la voce generica di “depuratore d’acqua”, ma solo con la precisa indicazione della specifica azione svolta.
Infatti, “depuratore d’acqua ad uso domestico” ha un significato prevalentemente commerciale e di uso comune per l’identificazione del prodotto, non ha specifico significato tecnico.
Considerando che l’acqua di rete è già stata depurata all’origine dalla società di gestione dell’acquedotto, è tecnicamente più corretto parlare di sistemi di trattamento (o affinamento) dell’acqua potabile.
Nel rapporto ISTISAN 15/8 “Linee guida per l’informazione sulle apparecchiature per il trattamento dell’acqua destinata al consumo umano”, pubblicato dall’Istituto Superiore di Sanità nel 2015, si evidenzia il problema delle tecnologie non convenzionali.
Nel paragrafo 2.4 del documento si riporta che: “nel mercato in espansione degli apparecchi domestici di trattamento delle acque, vengono posti in commercio sistemi propagandati con informazioni non complete in termini di chiarezza e trasparenza od anche ingannevoli rispetto al trattamento effettuato e agli effetti sulle acque e sulla salute; in alcuni casi, i messaggi pubblicitari per il dispositivo evidenziano caratteristiche come particolari, quando molti altri prodotti analoghi le possiedono, o attribuiscono alle tecniche di trattamento e all’acqua ottenuta con il trattamento, proprietà dichiarate, associate o suggestive di prevenire, curare o guarire malattie, od altre azioni igieniche, salutistiche e terapeutiche, pur mancando la minima evidenza scientifica di tali azioni o proprietà”.
Le tecnologie non convenzionali sono quindi in palese contrasto con alcuni punti fondamentali stabiliti dal Decreto Ministeriale del 7 febbraio 2012, n. 25, nel quale si invita ad adottare solo tecnologie efficaci e di provata funzionalità, di cui sono riconosciuti i principi di funzionamento e i risultati sono tangibili.
L’obiettivo chiave del D.M. n. 25/2012 è la tutela della salute umana: le apparecchiature di trattamento, se correttamente installate e manutenute, non devono quindi pregiudicare la qualità delle acque, già idonee sotto il profilo sanitario, secondo i requisiti stabiliti dal D.Lgs. n. 31/2001 e s.m.i. (“Attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano”).
Una corretta installazione e collaudo sono il prerequisito per il buon funzionamento del dispositivo, sia in termini di garanzia di requisiti prestazionali che di prevenzione di rischi: tale compito deve, pertanto, essere affidato a persona professionalmente idonea, secondo quanto previsto dal D.M. n. 37/2008.
Per le apparecchiature più semplici, se l’utilizzatore provvede in proprio all’installazione, è egli stesso ad assumere su di sé tutte le responsabilità connesse con tali operazioni e alle relative conseguenze.
Le apparecchiature finalizzate al trattamento dell’acqua destinata al consumo umano devono essere collocate in locali dotati delle necessarie caratteristiche strutturali e funzionali secondo quanto prescritto dai principi e dai requisiti dalle norme in vigore in tema di igiene, in modo particolare l’art. 7 del D.M. n. 25/2012.
É necessario che l’apparecchiatura sia collocata lontano da fonti di calore e con la possibilità di scaricare acqua di rifiuto.
Nell’installazione, inoltre, si devono tenere presenti i seguenti ulteriori aspetti:
- la possibilità di fornire acqua non trattata in caso di rottura o manutenzione dell’apparecchiatura, realizzando l’installazione mediante valvole di bypass;
- la disponibilità di un adeguato sistema di non ritorno;
- presenza di punti di prelievo campioni, quando pertinente, per il controllo delle prestazioni dell’impianto;
- presenza di scarichi liberi per le acque di rigetto o di rigenerazione prodotte dall’apparecchiatura durante il normale esercizio o durante la manutenzione.
L’installatore, dopo aver valutato quanto sopra, deve altresì provvedere a:
- collaudare l’impianto per verificare il corretto funzionamento: il collaudo dovrebbe testare il comportamento dell’apparecchiatura nelle condizioni più estreme di esercizio previste per essa dal costruttore e comunque ipotizzabili come possibili nel contesto in cui l’apparato è stato installato e dovrà operare.
- certificare il corretto montaggio secondo le istruzioni del costruttore e delle normative vigenti rilasciando relativa documentazione al cliente;
- informare il cliente sulle buone pratiche di gestione, manutenzione e uso dell’impianto indicate dal costruttore, nonché sulle corrette prassi da usare per le operazioni di pulizia e sanificazione dei locali o delle aree in cui sono collocate le attrezzature stesse.
L’utilizzatore è di conseguenza responsabile del mantenimento dei requisiti di idoneità dei locali e della correttezza con cui l’impianto è gestito e assoggettato a manutenzioni e controlli.
Essendo l’acqua potabile un alimento, gli OSA (cioè gli Operatori del Settore Alimentare) hanno sempre l’obbligo di mantenere i criteri di salubrità microbiologica e chimica anche quando la somministrano dopo averla sottoposta a trattamenti di affinamento.
Si dovranno applicare i principi del sistema HACCP e quindi, in quanto CCP (Punti Critici da Controllare), andranno previsti piani di monitoraggio chimico (atti a verificare l’eventuale rilascio di sostanze chimiche dannose e per controllare se si sta attuando una eccessiva demineralizzazione) e microbiologico, di manutenzione ordinaria (in base alla frequenza di utilizzo), di sanificazione ordinaria (es. disinfezione dei beccucci, periodica sanificazione attraverso il passaggio di acqua calda) e straordinaria (profonda disinfezione dopo il fermo estivo e natalizio, ecc.).
Il controllo dell’effettiva conformità dell’acqua trattata ai requisiti del D.Lgs. 31/2001 deve essere effettuato periodicamente e in caso di incidenti che possano aver compromesso la normale situazione operativa dell’impianto.
In particolare, sono previsti “controlli interni”, che il gestore è tenuto ad effettuare, e “controlli esterni”, svolti dall’Azienda unità sanitaria locale (AUSL) territorialmente competente.
Se sei interessato ad approfondire questa tematica, non esitare a contattarci.
Gli esperti Technoacque saranno lieti di fornirti qualunque tipo di informazione sulle soluzioni di trattamento dell’acqua potabile.