È noto che le acque reflue provenienti dagli scarichi fognari presentano un elevato carico inquinante e, quindi, il loro trattamento comporta l’esposizione del personale addetto a un rischio biologico potenzialmente elevato, anche se variabile in funzione di diversi fattori (carico organico delle acque, loro provenienza, ecc.)

Punti critici e modalità di contenimento

I processi di trattamento, nelle loro diverse fasi, comportano una notevole movimentazione meccanica delle acque, dando luogo a vortici e salti di livello dei reflui, formazione di spruzzi, azioni di pompaggio, ecc.

In questo modo si sviluppa un bioaerosol facilmente inalabile, che può disperdersi anche a distanze considerevoli in funzione delle caratteristiche strutturali dell’impianto (ciclo aperto) o di fattori meteorologici (velocità e direzione del vento, umidità e temperatura). La concentrazione degli agenti biologici presenti nell’aerosol è variabile e dipende da diversi fattori (livello di inquinamento delle acque trattate, condizioni meteorologiche, caratteristiche specifiche delle singole fasi del trattamento).

Le analisi effettuate sui liquami e sulle acque di scarico hanno mostrato la presenza di diversi agenti biologici: oltre a microorganismi in genere innocui per l’uomo, si riscontra la presenza di microorganismi patogeni, quali: batteri (Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae, Legionella pneumophila, Salmonella), virus (Adenovirus, Enterovirus, Rotavirus) e recenti analisi hanno evidenziato anche tracce di RNA del virus SARS-CoV-2, parassiti (Ascaris, Cryptosporidium, Tenie spp), miceti (Candida spp).

I risultati dei monitoraggi ambientali stagionali hanno mostrato l’esistenza di alcuni “punti critici”, ossia di punti o aree interessate dalla maggiore formazione e diffusione di bioaerosol, con un’elevata concentrazione di contaminanti aerodispersi: il punto di sollevamento-grigliatura e la zona adiacente alla pompa nel disabbiatore. I livelli maggiori di contaminazione sono stati rilevati nei mesi più caldi (primavera e estate).

Misure di contenimento del rischio

In primo luogo, valgono per gli impianti di trattamento le misure generali di prevenzione del rischio biologico già note: l’adozione di misurazioni periodiche dei livelli di contaminazione biologica, sia nelle zone aperte che negli ambienti chiusi, e il divieto di consumare cibi e bevande e di fumare durante l’attività lavorativa (e comunque non prima di un lavaggio accurato di mani e avambracci).

Di fondamentale importanza è che i lavoratori esposti facciano la doccia alla fine del turno e che gli siano messi a disposizione armadietti compartimentati, che tengano separati gli indumenti di lavoro da quelli civili; parimenti, prima dell’accesso ad aree comuni i lavoratori dovrebbero rimuovere gli indumenti di lavoro per evitare il rischio di contaminazione diffusa. Occorre, inoltre, stabilire modalità per la sanificazione periodica degli indumenti di lavoro e dei DPI non monouso.

È necessaria, infine, un’adeguata formazione e informazione dei lavoratori sulle attività da svolgere in sicurezza, sull’uso dei DPI e sui rischi correlati all’attività lavorativa. In secondo luogo, è opportuno adottare misure specifiche, espressamente concepite per determinate aree dell’impianto o fasi della lavorazione maggiormente a rischio.

Inserimento nell’ambiente

Gli impianti di depurazione delle acque sono classificati tra le “industrie insalubri di Prima Classe” secondo il D.M. 05/09/94 e, pertanto, devono essere situati fuori dai centri abitati. Intorno agli impianti di depurazione deve essere realizzata una “fascia di rispetto” non edificabile, di larghezza non inferiore a 100 m, preferibilmente con piantumazione di siepe perimetrale e alberi a rapida crescita.

Technoacque è a disposizione per qualsiasi chiarimento in merito al trattamento delle acque reflue ed è pronta a ricercare la soluzione più adatta alle vostre esigenze. Non esitate a contattarci.

Aiutiamo le imprese a migliorare la gestione delle acque

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